Storytelling significa prima di tutto silenzio

Non amo fare domande, non amo espormi eccessivamente, non amo essere invadente. Proprio per questo motivo, c’è chi crede che io non possa essere una brava storyteller. Secondo me però tutte queste caratteristiche non sono affatto necessarie per raccontare un’azienda. Il silenzio è invece fondamentale. Sì, per me fare storytelling significa prima di tutto silenzio.

Durante il primo reportage che ho avuto la possibilità di realizzare, sono stata zitta per un paio d’ore. Grazie a quel silenzio ho avuto la possibilità di osservare con occhio attento, di annusare, ascoltare ogni suono, immedesimarmi in quel luogo e nella sua magia. Mi sono immersa nei volti delle persone che lavoravano ed ho avuto la possibilità di cogliere la loro vera essenza, provando stupore e meraviglia. Credo che un servizio di storytelling aziendale debba far trapelare proprio questo stupore. E il giorno in cui riuscirò con le mie parole a stupire anche un solo lettore, quel giorno, io, avrò vinto su tutti i fronti, alla faccia di chi vuole uno storytelling virtuoso, di stampo giornalistico.

Voglio raccontarvi a cosa penso quando faccio storytelling. Penso a quando alle scuole medie sono andata in visita con la mia classe alla fabbrica dei gelati Sammontana. Avevamo una guida ovviamente, ma io non ascoltavo, come tutti i mie compagni dopotutto. Ero troppo presa dal ragazzino che tanto mi piaceva, dalle chiacchiere con gli amici, da questa strana libertà che per un giorno avevamo la possibilità di assaporare. Le parole di quella guida, i termini tecnici, i nomi dei macchinari, non è arrivato nulla alla mia mente, ma ricordo con estrema chiarezza il lunghissimo nastro trasportatore che faceva muovere davanti ai miei occhi centinaia e centinaia di coni gelato alla panna. Non avevo mai visto un nastro trasportatore in tutta la mia vita e ne restai affascinata! Ricordo il profumo dolcissimo che invadeva l’aria, il ronzio dei macchinari, le cappe candide dei dipendenti e la retina sui loro capelli. Ricordo che anche noi indossavamo una giacca di carta di colore bianco con il marchio Sammontana sul retro, che portai a casa come cimelio della giornata. E alla fine della visita ricordo che fui felice di ricevere in dono un gelato Prezzemolo e che lo gustai come nessun altro gelato prima.

È quella ragazzina che voglio far rivivere attraverso il mio storytelling, una ragazzina che non ama parlare, che spesso si distrae, ma che di sicuro sa cogliere il vero che c’è nei luoghi e nelle persone.